17 mar 2010

Philip Wiegard 'Uomini-statua-oggetto' coming soon at Furini Arte Contemporanea

Uomini-statua-oggetto

April 10 – June 5, 2010

Opening April 10, 6.30 pm

In ‘Uomini-statua-oggetto’ (Men-statue-object) the German artist Philip Wiegard turns the gallery space at Furini Arte Contemporanea in Rome into an interior, a private and intimate setting in the style of the early twentieth century, where original period drapes and wallpapers, superimposed by painted panels that emulate them, alternate with baroque touches in the form of damask armchairs, and framed photographs lined up on the walls. In this way the artist restores life to lost times through references to classical myth, an exploration of perspective and de Chirico-style metaphysics. Recalling the idea of the old ateliers, Wiegard’s installation draws the viewer into a private environment, where personal taste and desires are revealed and at the same time concealed under the rich, ornamented surfaces of bourgeoise decor.

However, the whole context is subject to a mechanism, in some respects obsessive, whereby Wiegard delights in deconstructing and taking apart ordinary objects like tables, chairs, armchairs, cupboards and entire sets of old furniture in order to give them a new life. This new dimension is neither flat nor three-dimensional, but rather a re-construction of perspective with parts of objects used as lines that restore proportions, depth and size. Wiegard applies to sculpture the optical laws of perspective that are typical of painting, and so empties objects of their volumes, removes their original function and makes them hybrids - part object, part outline - to the extent that the viewer’s sense of perception is confused.

With the same purpose of deceiving the eye and disturbing the mind’s automatic mechanism, which attempts to reconstruct and complete images, Philip Wiegard presents us with a space where what is inside is outside, what seems near is far, and what appears to have depth is actually flat. Thus the people in the photographs on the walls, taken in large format with an antiquated camera, are also outside the image: the composition-statues, the wallpapers and drapes are in this way all part of the same exhibition room.

All this bewitches the eye and was inspired by Wiegard’s recent visit to the home-museum of Giorgio de Chirico in Rome’s Piazza di Spagna, where he photographed rooms that were full of ornament but empty of life and their intended use. Some of the master’s paintings, that we see on the walls of his former apartment were re-enacted in Wiegard’s photography. But by giving us this highly subjective view of de Chirico’s work and by showing the original paintings in the context of the painter’s private home, he succeeds to underline the ambivalent status of art between personal expression and public statement.

Throughout his carreer de Chirico struggled with the representation of the human figure, that was often substituted in his paintings by the famous “manichino”, a hybrid between human, statue and object. Wiegard’s exhibition explores the relations and interchanges between these ideas: the object as representation of personality, the photographic pose as an attempt at immortality and the human body as object of desire.

ITALIAN VERSION: In ‘Uomini-statua-oggetto’ l’artista tedesco Philip Wiegard mette in scena, nello spazio romano di Furini Arte Contemporanea, un interno, un’ambientazione intima e privata stile primi del Novecento, dove drappi di stoffe e carte da parati originali dell’epoca, a cui si sovrappogongono pannelli dipinti che le emulano, si alternano ad ammiccamenti barocchi di poltrone damascate e fotografie incorniciate allineate sulle pareti. L’artista, così, restituisce vita a tempi perduti, fra richiami al mito classico e alle ricerche prospettiche e metafisiche dechirichiane. Richiamando l’idea di antichi àteliers, l’installazione di Wiegard guida lo spettatore attraverso un interno privato, dove il gusto e i desideri personali si svelano e allo stesso tempo si celano sotto la ricca, ornamentale apparenza di un arredamento borghese.

Tutto il contesto creato è però soggetto al meccanismo, per certi aspetti ossessivo, per cui Wiegard si diletta a decostruire e scomporre oggetti comuni come tavoli, sedie, poltrone, armadi e intere composizioni di arredamento per lo più datato, per riportarli ad una nuova vita, una nuova estensione che non è piatta e non è tridimensione, ma appunto ri-costruzione prospettica mediante parti degli oggetti che vengono usate come linee per restituire proporzioni, profondità e misure. Wiegard utilizza in scultura le leggi ottiche della prospettiva tipiche della pittura, così svuota gli oggetti dei loro volumi, li priva della loro funzione originaria e li rende elementi ibridi, fra oggetto e figura, tali da generare il dubbio della percezione di chi li osserva.

Sempre con lo scopo di ingannare la visione, di deviare quel meccanismo automatico della mente umana che tende a ricostruire e completare, Philip Wiegard ci propone uno spazio in cui ciò che è dentro è fuori, ciò che sembra vicino è lontano, ciò che appare profondo in realtà è piatto. Così i soggetti che appaiono nelle fotografie appese alle pareti, scattate con un’antica fotocamera a grande formato, sono anche fuori dall’immagine: le composizioni-statue, le carte da parati e i drappi fanno parte così della stessa sede espositiva.

Si crea quindi un incanto della visione, per il quale Wiegard ha tratto spunto durante la recente visita alla casa-museo di Giorgio de Chirico in piazza di Spagna a Roma, dove ha scattato foto di ambientazioni piene di orpelli, ma vuote di vita e di ogni funzione d’uso. Alcuni fra i maggiori dipinti che si possono vedere in questo appartamento sono riportati alla vita da Wiegard attraverso la fotografia che, concedendoci una veduta estremamente personale del lavoro di de Chirico e mostrandoci i dipinti originali nel contesto dell’appartamento privato dell’artista, riesce a sottolineare lo stato ambivalente di arte fra l’espressione personale e quella pubblica.

Durante la sua carriera de Chirico lottò con la rappresentazione della figura umana, la quale era spesso sostituita nei suoi dipinti dai famosi “manichini”, un ibrido tra uomo, statua e oggetto. La mostra di Wiegard esplora le relazioni e gli interscambi fra queste idee: l’oggetto come rappresentazione della personalità, la posa fotografica come un tentativo d’immortalità e il corpo umano come oggetto di desiderio.

("Trovatore stanco", 2010, silver gelatin print, 20 x 25 cm)

10 mar 2010

Philip Wiegard in Domus, IN ABSENTIA written by Xavier Laboulbenne March issue, p. 78

L’impressione è quella di trovarsi in un film di Fassbinder, con centinaia di personaggi barbuti, ma tutti diversi l’uno dall’altro che si muovono in un bar chiassoso chiamato Moebel Olfe, nel quartiere berlinese di Kreuzberg, zeppo di fumo, alcol e musica psichedelica. Sopra questa distesa di teste, un gruppo di poltrone (moebel) sembra essere pronto per accogliere corpi raggomitolati. In realtà rimangono inaccessibili. Sembrano sul punto di cadere addosso agli avventori del bar da un momento all’altro, pur essendo di fatto solidamente ancorate a una parete di cemento grezzo. Che si tratti di un’illusione ottica? Di uno stato psicoattivo? Niente di tutto questo: siamo di fronte a una scultura di Philip Wiegard.

Il lavoro di Wiegard si inserisce alla perfezione nel ritmo della scena artistica berlinese, che si può misurare attraverso lunghe pause di solitudine creativa, interrotte da intensi momenti di interazione sociale in spazi collettivi che ospitano eventi sempre produttivi e spesso accompagnati da suoni ed esperimenti psicotropi. Questi ‘reami’ discordanti tra loro eppure strettamente collegati l’uno all’altro mettono in atto uno scarto percettivo lucido e allucinato insieme. Le installazioni scultoree di Philip Wiegard riescono a cristallizzare questi momenti unici che riassumono la Zeitgeist della metropoli tedesca dell’inizio di questo secolo. Come suggeriva Gilles Deleuze, gli artisti creano ‘percetti’ – insiemi di percezioni e sensazioni che sopravvivono a chi li sperimenta – e così facendo conferiscono un’aura di eternità alle esperienze effimere, o perlomeno le inframezzano con una pausa.

Nato in una famiglia di accademici, Philip Wiegard si è formato alla Universität der Künste di Berlino, per poi completare gli studi all’Hunter College di New York. I suoi primi lavori riprendono spesso gli elementi ornamentali della tradizione popolare tedesca, sono intrisi di eredità Bauhaus e funzionalità collettivistica. Bambies, multipli di schiuma poliuretanica di un elemento decorativo a rilievo, non sfigurerebbe sulla trave di uno chalet bavarese, mentre in Kulissen mobili e spazio si fondono dando vita a una collisione architettonica per una serie di fotografie realizzate con una macchina fotografica costruita a mano dallo stesso artista. In Raum 84°, una parete doppia realizzata con cornici di finestre recuperate diventa un campo giochi perfettamente funzionante.

I riferimenti culturali di Wiegard si ampliano con il soggiorno di un anno a Parigi: la sua predilezione per le arti decorative assorbe il Grand Siècle attraverso una serie di distorsioni di oggetti settecenteschi. La sedia, motivo ricorrente nell’opera di Wiegard, è un elemento che gli consente di evocare la morfologia umana ma che serve anche da metafora della sua ssenza. Quindi Sèance, una composizione sospesa di tavoli e sedie imbottite, allude alla ricerca di una spiritualità alternativa alla vigilia di un evento secolare come la Rivoluzione francese, ma forse è anche l’elemento culminante della rivalutazione del materialismo capitalista.

In un’epoca in cui spesso l’arte viene fabbricata da aziende specializzate nella produzione dei ‘concetti’ di un crescente numero di artisti - prassi che porta verso l’omogeneizzazione formale – spicca ancora di più il grande talento artigianale di Philip Wiegard, la sua naturale maestria nel processo di sperimentazione e resa materiale. La sua recente collaborazione con gli stilisti londonesi Meadham Kirchhoff rappresenta sotto questo profilo solo una parziale eccezione, dato che le gigantesche nuvole da fumetto realizzate in gommapiuma dipinta per la presentazione della loro collezione primavera-estate sono state realizzate riproducendo modelli in creta manufatti dallo scultore tedesco.

Affondano le proprie radici nell’appartenenza a Berlino e alla sua condizione di città sempre più cosmopolita le continue citazioni eurocentriche che si trovano nel lavoro di Wiegard. Nelle opere in mostra il prossimo aprile a Roma, alla galleria Furini, si snetono moltissimo le “affinità elettive” di Wiegard con Giorgio De Chirico, non solo con l’artista ma anche con l’uomo e le sue contraddizioni. Affinità che si possono cogliere con una visita all’abitazione di piazza di Spagna dove il maestro surrealista visse fino alla sua morte, avvenuta nel 1978: una sintesi perfetta della sua particolare amalgama di spazio metafisico e decoro borghese.

Al pari del celebre artista greco immigrato in Italia, in questa mostra Philip Wiegard presenta un’arcadia popolata da figure ritratte in pose plastiche, un richiamo ai mondi utopici tanto anelati da Wilhelm von Gloeden, patriota tedesco di dubbia reputazione. La messinscena del barone nordico, ambientata in un mondo ideale precedente alla caduta, rivelava probabilmente tanto sul suo autore e sui suoi meccanismi del desiderio in una società puritana proto-industriale quanto lo faceva la nudità dei suoi modelli siciliani. Per dirla con Henry James: “Senza un contesto, un figura non è niente”. XAVIER LABOULBENNE

1 mar 2010

Nick Goss in "4 New Sensations", 2009

Nick Goss was a finalist for the 2009 '4 New Sensations Prize' established by Channel 4 and the Saatchi Gallery. This film directed by James Morton-Haworth for Tenement Films and Channel 4.











[http://www.youtube.com/watch?v=5_Vn3gg0UXQ]