1 gen 2010

Intervista a Fratelli calgaro, di Viviana Siviero (IT)

Immaginate di possedere un poco dell’anima di mondi affini ma differenti, quali l’Arte, la Moda, il Cinema, la Pubblicità e la Vita Reale e di combinarli in un’unica soluzione, palesata sul terreno patinato della fotografia: il risultato è un mix di contaminazioni molto contemporanee, perfette per rappresentare con il giusto linguaggio, una visione, purtroppo realistica, della società attuale, comprensiva anche di un certo grado di profezia sul futuro prossimo venturo…
Gli scatti della Fratelli Calgaro denunciano la preparazione di un set, per la messa in scena di un universo maleducato e continuamente al limite, che riesce però a tenere –sempre e comunque- il coltello dalla parte del manico. L’ironia di cui sono impregnate le immagini, fa da argine a quanto altrimenti finirebbe per scadere nel volgare o nello sfacciato: si può dire che esse si salvino giusto “all’ultimo sguardo”…

Viviana Siviero: Fratelli Calgaro è il nome di un sodalizio di cui sei rappresentante e in cui ti avvali della collaborazione di diversi soggetti –costumisti ed altro- per la realizzazione dei vari progetti…devo rivolgermi “a Te” oppure “a Voi”…?

Giuseppe Calgaro: Il nostro sodalizio si costituisce come epicentro di forze e di sinergie volte attorno alla costruzione del set. La Fratelli si pone nel Nord Est come polo magnetico di attrazione per trovarobe, stylist, attori e personalità varie provenienti dal mondo della moda.
La rappresentazione fotografica della Fratelli vuole ricostruire nello studio la decadenza di una certa provincia italiana mischiando il kitsch e situazioni retrò con un certo disagio generazionale.
Quindi “la Fratelli - parafrasando un nota campagna pubblicitaria - siamo noi”.

V.S.: Bocche spalancate su fisionomie tese nei personaggi che agiscono, vittime serene o sorridenti, costrizioni, liquidi “cinematografici” femmine inginocchiate ai piedi di uomini, intente a suonare un flauto, in paesaggi decorati dal museale volto-manifesto di Moira Orfei. Le vostre immagini creano una sorta di liquido amniotico in cui noi “ignari feti” viviamo beatamente un equilibrio fra finzione e realtà…

G.C.: La Fratelli è sempre rimasta affascinata dal recupero di oggetti utilizzati in contesti diversi da quelli per i quali erano stati creati. La nostra estetica privilegia il minore, mischiandolo o contrapponendolo ad elementi griffati..
Questo è il contrasto che mettiamo in scena: vogliamo nobilitare “la casa del geometra” per riappropriarci degli angoli morti delle nostre case, i non luoghi che sono la "taverna" o il "sottotetto". Al cervo la Fratelli preferisce il capriolo. Al centro del nostro lavoro scegliamo di porre un “Caino” che rompa le regole di un set attentamente ricostruito ed illuminato, in modo da bilanciarsi con il contenuto torbido delle immagini.

V.S.: E’ possibile scorgere nella tua poetica alcuni tratti di grandi fotografi: la grande padronanza tecnica, il surrealismo erotico, l’ironia e la vocazione provocatoria di Guy Bourdin (1928-1991) e l’analisi sociale del più emergente Gregory Crewdson, americano che costruisce set onirici fatti per mostrare il lato più inquietante di normali periferie urbane tristemente note.

G..C.: Di Crewdson ci interessa la preparazione cinematografica del set, le sue situazioni di attesa, di congelamento. Il lavoro di Bourdin, oggi finalmente riscoperto, è stato per noi assolutamente profetico.
Egli, in modo rivoluzionario, portò il mondo della strada dentro i servizi di Moda. Fino a lui la moda generalmente, era stata fotografata in eleganti atelier, fatta da un immaginario di donne composte e raffinate. La donna di Bourdin invece, è eccessiva: troppo trucco, troppo colore, troppe acconciature rosso fuoco. La sua è una donna volutamente ai limiti della volgarità, consapevole del suo eccesso; immagine che, in quegli anni, si contrappone a quella di Newton, e ad una borghesia decadente, che si preoccupa per lo più del ritardo della domestica.

V.S.: Prendendo a prestito l’imprescindibile Benjamin, visto la molteplicità limitata delle tue messe in scena, ti chiedo qual è la tua posizione nei confronti della riproducibilità tecnica della nostra epoca, aspetto sempre più complicato da valutare a causa dell’avvento di digitale e virtuale e al proliferare di esperienze…

G..C.: " L'epoca d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" è stato uno dei punti di approfondimento della mia tesi in estetica, discussa presso l'Universita di Filosofia di Venezia. Walter Benjamin parla della fotografia come "la dinamite del centesimo di secondo" che brucia e distrugge l'aura dell'opera d'arte nella sua comunicazione espositiva. Essa con la sua possibilità riproduttiva, apre la strada alla comunicazione di massa, portando ad un superamento del concetto "aristocratico" di arte. Oggi la comunicazione mediatica, privilegia la televisione: ma in questa inattualità contemporanea, la fotografia liberata, trova un nuovo sguardo auratico, finora inespresso.
Con l'avvento del digitale si perde così la magia del rito dell'immagine: le nostre foto bussano sul visore della macchina, ma la gratuità dello scatto ci porta a centinaia di foto distratte, che mai stamperemo. Da questa urgenza di tempi, la pellicola e tutta la fotografia chimica / analogica ne escono nobilitate.

V.S. :Ogni scatto dei Fratelli Calgaro viene realizzato in 5+1 esemplari nel formato grande e 5+1 in quello piccolo. Perché fra tante possibilità, ad averti incontrato è stata proprio la fotografia?

G.C.: Per noi lo scatto è il momento finale di una lunga ideazione e costruzione. Tutti i nostri lavori sono stampe chimiche da negativo fotografico.Dopo vari lavori preparatori vogliamo incidere la nostra immagine nella pellicola come una sorta di Sindone moderna. (Infatti possiamo dire che la Sindone è il più antico negativo esistente!).
La Fratelli privilegia una produzione accurata dove non tutte le immagini scattate trovano uno sbocco espositivo. Questo ci obbliga a scegliere con cura la partecipazione a mostre o ad eventi.
Il ritocco digitale non ci interessa: se qualcosa non va, lo scatto è eliminato o si ricostruisce il set.

V.S.: Un parallelo immediato - già evidenziato da Maurizio Sciaccaluga- è quello visivamente allusivo con le malefatte così stranamente musicate da Kubrick di Alex e dei suoi Drughi, nel celebre Clockwork Orange (da Burgees, 1962) ; la serie di scatti intitolata “Anima Nera” (2004) riflette sul concetto di satanismo alla maniera del grande Abel Ferrara…

F.C.: Amiamo il "b movie", privilegiamo il vecchio cinema, girato in "tecnicolor", piuttosto di quello girato in "panavision". Ci interessano quei colori saturi o “starati” tipici di una certa produzione indipendente. Nei nostri lavori si possono trovare parecchi riferimenti, estetici e non, relativi al cinema: il particolare "rosso" utilizzato da Dario Argento per il sangue, come la violenza inattesa e fumettistica dei film di Tarantino. Un rapporto inevitabile, viste le nostre tematiche, ma sempre rivolto a quelle videocassette polverose, che le videoteche hanno ormai dimenticato nel retrobottega.

Fratelli Calgaro è il nome del sodalizio rappresentato dal fotografo professionista Giuseppe Calgaro nato a Thiene (Vicenza) nel 1963. Vive e lavora a Sandrigo, Dueville e Milano.
www.furiniartecontemporanea.it
Andrea Bianconi , SAPERE NON SAPERE
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