4 dic 2010

MARCELO CIDADE/pensieri preparatori per Roads Not Taken


Il primo aspetto di Roads not taken riguarda una dicotomia. Un contrasto che nasce dall’impatto creato in me da una città storica come Roma. Una capitale che vive del proprio passato per mantenere la storia come attrazione turistica (la città museo), connivendo con lo sviluppo urbano di ogni giorno e le sue trasformazioni.

Questa caratteristica di Roma si manifesta in un modo assolutamente distintivo e unico rispetto a San Paolo. Mentre la capitale italiana sembra aver bisogno di rimanere quasi congelata nel tempo, con tutti i suoi continui bisogni di ristruttutazione e i suoi apparati, San Paolo è in costante cambiamento. Secondo me le due città sono rovine del contrasto.

Per questo motivo, acquista un senso continuare a chiedersi dove risieda il moderno e dove il Modernismo in qualità di situazioni temporali e spaziali distinte. Dimensioni che caratterizzano entrambe le due diverse capitali. Il movimento modernista brasiliano si è manifestato più tardi rispetto all’omologo europeo e, senza dubbio, in maniera assolutamente differente rispetto a quello italiano.

Così ho concluso e concentrato il mio progetto basandolo sulla vulnerabilità urbana che ho sentito e registrato a Roma. Mettendo così in relazione i siti in costruzione di San Paolo. Da questo avvicinamento è sorta una domanda spontanea: l’architettura di Roma sono rovine della storia, sedimenti moderni o edifici in uno stato di entropia?

Il mio progetto, concepito appositamente per la galleria Furini, è un tentativo di decostruire la sicurezza, la perfezione e l’agio del cubo bianco (degli spazi espositivi) per mostrare l’instabilità urbana che ho visto camminando per le vie di Roma.

Per la prima sala della galleria ho pensato di costruire due colonne posticce fatte di legno e poi dipinte di bianco. I due elementi architettonici, installati parallelamente, comportano l’idea che uno sia elemento portante mentre l’altro abbia come base una carriola utilizzata per trasportare il cemento. Questa installazione è direttamente connessa a due altri lavori che ho fatto recentemente: l’uno dal titolo “Abuso de Poder” (trappola per topi fatta con marmo bianco di Carrara) e “Modelo de Superfície” (una fotografia in bianco e nero attualmente non esposta in galleria a Roma).

Il quarto lavoro che sto presentando è “Dominio Público”. Il progetto mette simbolicamente in scena l’area urbana di Roma in un solo disegno, composto sul muro come se fosse un tirassegno, molto comune nei bar attorno alla galleria. Tre freccette sono state fissate al muro come se il momento e il gesto del gioco fosse già avvenuto.

Concettualmente, la combinazione di questi lavori rinforza l’idea di Lina Bo Bardi. Infatti, in sintonia con l’architetto romano, vissuta a San Paolo negli anni Cinquanta, il gesto urbano può essere riconosciuto come pieno di invenzioni umane che, con il tempo, diventano traccia di altri luoghi: un ponte, un passaggio e infine una casa. Questo processo di appropriazione è costituito dalle idee. Modi di pensare che, introdotti nel mondo, fanno emergere nozioni, concetti d’ordine.

Il mio intervento si situa nel riconoscimento di un sito in costruzione come luogo di cambiamento costante, di sperimentazione e libertà. Uno spazio che è in continua trasformazione e che subisce i mutamenti, mettendo a confronto tanto gli aspetti della società romana, preservatrice delle proprie rovine, quanto gli stilemi di San Paolo, città che non salvaguarda nulla se non il proprio continuo cambiamento.

Marcelo Cidade